Angoli bui – Ricordi

Ci sono momenti della mia infanzia che ricordo raramente, tanto sono relegati ai più profondi recessi del mio tempo. Quando questo accade è sempre perchè si affaccia alla mia attenzione un fatto particolare che come una scintilla che provoca una sorta di incendio si manifesta improvviso ed inaspettato.
Gli anni ’70 sono stati per l’Italia un coacervo tuttora inesplicabile di passioni frustrate, immagini frammentate, percorsi interrotti e sospiri strozzati, almeno questa è l’immagine che ho di quella fase storica in cui molti dei grandi sogni si infransero in una muraglia conservatrice che ne disinnescò il potere rivoluzionario.
Tali sensazioni furono probabilmente vissute da molti altri ed il genio artistico dei migliori interpreti ne rese linee, prospettive, forme e colori, Moravia nel suo “La vita interiore” contribuì a raccontare il dinamismo dissacrante di una generazione disincantata, disillusa, morta ancor prima di nascere, temi molto ben resi anche in “La noia”. L’eco dei romanzi di Pasolini suona ai miei timpani forte e chiaro: “Petrolio” opera rimasta incompiuta, tra le sue più efficaci pennellate a dipingere un’ipocrisia menzoniera.
Guy Debord e le sue considerazioni verso la società dello spettacolo, la musica degli Area o una delle tante sculture non-finite di Auguste Rodin compongono solo ora nel mio immaginario un filo rosso
insospettato che da luogo ad una matrice nella quale collocare alcuni tasselli di un fascinoso puzzle.
A quel tempo, primi anni ’70 mio padre l’artista Luciano Boccardini, quasi come fosse un dono verso la sua famiglia, esponeva spesso le sue opere presso gallerie d’arte sparse per le province e città italiane; la sua sensibilità fu straordinariamente efficace nel tradurre nel linguaggio dell’immagine lo spirito di quei tempi; uno zeitgeist sicuramente maligno, dissacrante, distruttivo e beffardo, carico di disillusione e profonda malinconia. La tristezza negli occhi dei clown dipinti da mio padre in quegli anni è un fondale oceanico e gli abissi riflessi dai loro sguardi riuscivano a farmi sprofondare nell’immenso vuoto, un vacuum esistenziale che mi fu prezioso perchè mi spinse successivamente alla ricerca dell’archetipo, impedendomi fisicamente di limitare l’osservazione degli oggetti agli aspetti superficiali: ogni cosa che passa dinanzi ai miei occhi merita di essere decodificata, scarnificata, approfondita e risolta fino alla sua radice e origine e quando l’inedia o altro mi negano questo piacere rimango sedotto e abbandonato nella mia inconoscenza, frustrato e deluso.
Non di meno il peso insopportabile e tragico di un uomo destinato a soffrire ma anche a proseguire il suo percorso con ostinazione accompagnava dolcemente i rassegnati e tenerissimi Cristi che apparivano frequentemente nelle tele di mio padre in quegli anni.
Durante questi appuntamenti, mentre osservavo a debita distanza e timidamente mio padre che intratteneva i suoi ospiti con aneddoti e spiegazioni circa la sua arte e le sue istanze, mi sorprendevo a nascondermi sotto qualche palco dimenticato o in qualche angolo della stanza buio e riservato ad uso logistico perchè solo li, solitario e celato dagli occhi di tutti, potevo assorbire il significato di tutte quelle figure pareidolistiche così vicine a me e capaci di trasmettermi energia e significati, il mio cuore batteva all’impazzata ed un turbine di emozioni lo affollava preadolescente e acerbo mentre questi fantasmi nudi correvano a darmi suggerimenti ad asserire informazioni a propormi le loro interpretazioni a suonare le loro vibrazioni. Dopo quella che a me pareva un’eternità stravolto ed esausto tornavo nel mondo dei vivi ed era per me un esegesi, una nuova rinascita, mi sentivo diverso profondamente cambiato un reduce e sopravvissuto, colmo di gratitudine verso mio padre che grazie alle sue creazioni mi aveva mostrato l’immensità di una realtà misteriosa ed incantata. Come i cuccioli di leone imparano dal gioco io imparavo dall’arte, prima che le fiamme dell’inferno mondano mi ustionassero mi esercitavo con il tipepido, confortante e malinconico richiamo dei volti scavati e segnati impressi nelle sue chine nere e nei suoi olii scuri.
L’occasione di ricordare certi percorsi mi è stata data da un gentile signore di nome Fontanazza Carmelo di Roma che frugando tra i suoi ricordi, dentro il cassetto delle cose nascoste ha rinvenuto dei depliant di una di quelle mostre di mio padre e delle fotografie raffiguranti uno di quei momenti. Sento di dover ringraziare moltissimo questo signore per averci mandato due di queste fotografie e per aver contribuito a risvegliare questi preziosi ricordi.

Luca Boccardini

Foto gentilmente concessa dal Dott. Carmelo Fontanazza di Roma
Una delle mostre di Luciano Boccardini anni '70


Pubblicato

in

da

Tag:

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *